Skip to main content

Diasorin e Dama Srl sono due aziende che nulla avrebbero in comune: una è una multinazionale del farmaco, l’altra è nel ramo dell’abbigliamento e detiene il noto marchio Paul & Sharck. Da una settimana entrambe turbano i sonni, finora dichiaratamente tranquilli, del presidente Fontana e della giunta regionale.
Il caso Diasorin riguarda la sperimentazione dei test sierologici per la ricerca degli anticorpi del Sars-Cov-2, sviluppati in collaborazione con il Policlinico San Matteo di Pavia. I test della multinazionale italiana sono stati a lungo indicati dalla Regione e dall’assessore Gallera in particolare, come la migliore soluzione per effettuare lo screening della popolazione e, di conseguenza, la Regione ha non solo acquistato un’importante partita di kit, ma ha anche a lungo frenato ogni altra soluzione, addirittura stoppando le iniziative di diversi sindaci che avevano tentato di testare alcune categorie di lavoratori o, nelle comunità più piccole, tutta la popolazione. Lunedì scorso il TAR ha sentenziato che l’accordo tra l’IRCCS pavese e la Diasorin era illegittimo, perché la collaborazione era stata siglata per via diretta, senza gara, e perché la società si era potuta avvantaggiare del personale e delle risorse del laboratorio dell’ospedale pubblico, tanto che la sentenza suppone anche il danno erariale. Una tegola pesante sulla testa della Regione che su questa sperimentazione aveva fatto pubblicamente conto.
Anche per la Dama si parla di affidamento diretto e, in questo caso, parliamo di camici prodotti da un’azienda lombarda riconvertita durante il momento di maggior emergenza. Dama ha aderito alla manifestazione d’interesse della Regione e ha fatto la sua proposta per oltre mezzo milione di euro. Dopo un mese l’accordo di vendita, a fornitura avanzata, si è trasformato in donazione, e fatture per i tre quarti della cifra finale vengono effettivamente abbuonate alla Regione. Il caso è, però, attenzionato dalla stampa, in particolare dalla trasmissione d’inchiesta di Rai3 Report. Già, perché la Dama è azienda di famiglia della moglie e del cognato del presidente Fontana il quale, raggiunto dalle domande dell’opposizione e della stampa, ha dichiarato che si è trattato a tutti gli effetti di una donazione e che lui non era al corrente dell’accordo tra l’azienda e la Regione (tramite la centrale acquisti Aria Spa). Una spiegazione certo non sufficiente e convincente, ma attendiamo che Fontana intervenga in Consiglio regionale, martedì prossimo, come subito chiesto dal Pd, per saperne di più. La Procura della Repubblica di Milano, nel frattempo, ha aperto un’inchiesta.
Due fatti, Diasorin e Dama, che Fontana e la sua giunta devono spiegare, come tante altre cose che sono successe durante questi ultimi mesi.

RedazioneN7ggPd512

PD Regione Lombardia