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Una strage continua, alla quale non sembra esserci rimedio. L’ultimo bollettino è devastante: 5 morti sul lavoro in un giorno solo. E, nel giro di 24-48 ore se ne sono aggiunti almeno altri due. La Lombardia è quella che ha pagato il prezzo più alto: due operai di 42 e 46 anni sono deceduti nel corso
di una fornitura di azoto liquido all’ospedale Humanitas di Pieve Emanuele. Pare che i due uomini siano stati investiti da una fuga di gas del liquido criogenico a meno 200 gradi che ne ha provocato il decesso per intossicazione. E subito dopo un’altra vittima nell’hinterland di Torino, una a Capaci, in provincia di Palermo e un’altra ancora nel padovano.
Insomma, una scia di sangue. I numeri parlano chiaro: da gennaio a fine agosto gli infortuni sul lavoro in Lombardia sono stati 63.551 contro i 65.936 dell’intero 2020: uno ogni 6 minuti. Anche nel mese di agosto 2021 gli infortuni sono stati superiori allo stesso mese del 2020: 4.746 contro 4.373. Nell’anno della pandemia e del lockdown duro, dunque, si era già capito che gli infortuni erano calati, ma proprio per il fatto che si andava meno al lavoro, i cantieri erano sostanzialmente fermi. Con la ripresa, sono ricominciati gli incidenti. Il dettaglio lo fa capire molto bene: nell’industria sono stati 16.925 gli infortuni denunciati nel periodo gennaio-agosto 2021 (+3.838 casi, pari al +29%). Lo stesso vale per l’artigianato, che passa da 3.828 casi del 2020 a 4.638 nel 2021, sempre nello stesso periodo.
“Sono cose che non dovrebbero succedere mai. Invece siamo qui ancora a doverne parlare, ovviamente con tanta amarezza e anche rabbia perché davvero nel 2021 non dovrebbero accadere – commenta Raffaele Straniero, consigliere regionale del Pd e capogruppo in Commissione Attività produttive –. La mia impressione è che in Italia siamo molto bravi a ottemperare agli obblighi formali, ma non sappiamo andare alla sostanza del problema, cioè alla sua vera soluzione. Ci sono montagne di carte da compilare che in qualche modo ci rendono tranquilli, ma abbiamo visto che non basta”.
Insomma, un approccio più burocratico che sostanziale, secondo il consigliere dem, “ma deve esserci un imperativo categorico, perché in gioco ci sono la sicurezza e la vita delle persone, perché anche solo un infortunio che ti procura la perdita di un arto, una frattura difficile da guarire o che lascia conseguenze pesanti, è grave”.
Quale la soluzione? “La sicurezza dovrebbe entrare nella cultura del lavoro, nel nostro Paese. Naturalmente, poi, c’è anche l’aspetto legato ai controlli e alle verifiche che vanno fatte assiduamente. Quindi, entrambe le strade vanno percorse insieme, ma innanzitutto deve diventare una questione di principio e culturale, appunto, che dovrebbe essere propria di ogni impresa e ogni lavoratore, perché anche il singolo è chiamato a fare la propria parte. Inoltre, i controlli costanti, a tappeto, approfonditi sono necessari perché sappiamo che non tutti rispettano le norme”.

RedazioneN7ggPd

PD Regione Lombardia